Se distogli lo sguardo, stai mentendo; se non lo fai, stai mentendo

Titolo quantomeno ambiguo e criptico, ma volutamente scelto per evidenziare un aspetto estremamente delicato della possibilità di determinare se un soggetto stia o meno mentendo, non importa se nel corso di una conversazione o di un interrogatorio formale.

Ben sapendo che i segnali in tal senso possono essere numerosi, e rimandando anche ai rischi che si corrono in una tale attività di lettura, rischi discussi in un mio precedente breve articolo, qui vorrei restringere il tema allo «sguardo» e a come questo varia nel corso della comunicazione, ricordando anche che questo non si limita ai movimenti oculari, certamente primari per importanza, ma anche a quelli di altre parti del corpo che, in ogni caso, hanno conseguenze dirette sulla sua direzione.

Con riferimento al FACS (2), sto parlando quindi, sia delle Action Unit che interessano in modo diretto gli occhi (AU7 e, soprattutto, AU43, con l’AU45 che poi, all’aumentare della sua frequenza, può indicare una situazione di stress), che di quelle che hanno effetto sullo sguardo, quindi AU61 e AU62, prima di tutte, che evidenziano il volgere degli occhi, rispettivamente, a sinistra e a destra, ma anche le Action Unit che interessano i movimenti della testa e, nello specifico, le rotazioni sinistra e destra - AU51 e AU52 - e il suo abbassamento - AU54 - che ha un significato particolare, indicando, specialmente quando accompagnata anche dall’abbassamento degli occhi - AU64 - un possibile sentimento di vergogna o di sconfitta (questa, ad esempio, è la tipica posizione assunta dai bambini quando vengono sgridati perché colti in fallo a fare qualcosa che non avrebbero dovuto fare).

Il tema è delicato, dicevo, e lo è per la contrapposizione tra azioni volontarie e reazioni involontarie, che, nel caso di un soggetto che stia deliberatamente mentendo, lottano tra di loro nel tentativo di far sì che la menzogna non venga smascherata. (4)

L’ambiguità, se così si può chiamarla, è in parte legata alla convinzione diffusa che il mentitore tenda a distogliere lo sguardo da chi lo sta interrogando - o, in generale, dal suo interlocutore - una sorta di reazione inconscia, automatica, che evidenzia una situazione di tensione e, di conseguenza, una volontà di chiusura e di fuga. (1)

A tale comportamento involontario, però, si contrappone quello volontario del mentitore, che ben conoscendo il rischio derivante dalle azioni del sistema limbico, che governa le nostre risposte emozionali involontarie, tenta di mascherarle o contrastarle adottando un comportamento opposto, che lo porta, appunto, a guardare negli occhi l’interlocutore, quasi a voler dire “vedi, non temo di guardarti negli occhi e perciò sto dicendo la verità”.

Il mentitore, quindi, nel corso della conversazione, sarà portato a dare forza alle sue argomentazioni mendaci guardando fisso negli occhi il proprio interlocutore (spesso, soprattutto nel caso del mentitore seriale, questa fissità dello sguardo può essere accompagnata dalla micro-espressione formata dalle AU12 e AU14, che, benché fugace, lascia trasparire la soddisfazione dell’inganno). (3)

Emerge allora, in modo evidente, temo, una difficoltà maggiore di quanto spesso si è indotti a pensare, un pensare alimentato anche dalle eccessive semplificazioni che spesso si vedono in fiction letterarie, televisive e cinematografiche, dove all’esperto di turno basta un colpo d’occhio per individuare la menzogna, colpo d’occhio che gli addetti ai lavoro sanno essere pressoché impossibile nella vita reale, dove la determinazione della veridicità o meno di quanto detto passa per analisi ex-post lunghe e complesse, di fatto impossibili senza l’ausilio di registrazioni video della conversazione, dell’intervista o dell’interrogatorio.

Cosa fare, quindi, o quantomeno cosa si può pensare di fare, laddove il nostro compito sia quello di capire se il nostro interlocutore stia mentendo o meno ? La risposta, al solito, è quella di non guardare all’evento singolo, quanto piuttosto alle loro variazioni, tenendo conto del contesto e, semmai fosse possibile, del comportamento basale del nostro interlocutore. Insomma, niente di nuovo rispetto alla ben nota regola delle 3C, che ci ricorda l’importanza del Contesto, del Complesso e della Coerenza.

Quindi, la nostra attenzione, sia durante la conversazione, che nell’auspicabile analisi a posteriori, sarà sui cambiamenti dello sguardo e su ciò che li ha innescati, sia essa una domanda, una considerazione e un’accusa diretta. Particolare attenzione, in tal senso, dovrà essere data a quei movimenti involontari, quelle micro-espressioni, che portano l’interlocutore, ancorché per una frazione di secondo, a perdere il controllo volontario della sua mimica facciale, facendo emergere ciò che lui tenta di nascondere - ammesso che questo sia il caso, ovviamente - con la fermezza del suo sguardo.

Interessante, a tale proposito, il “protocollo per la valutazione delle dichiarazioni dei soggetti sottoposti a intervista/interrogatorio”, proposto da Mastronardi e Mangiameli (una sua sintesi è disponibile in (5)), che propone un approccio metodologico, articolato in sette fasi, che vanno dalla definizione della baseline (comportamento basale), all’individuazione dei cosiddetti Red Flags, cioè quei segnali non verbali sinonimi di incoerenza con quanto viene detto, fino ad una reiterazione dell’intervista/interrogatorio, questa volta focalizzata su quei segmenti dove i Red Flags sono stati valutati particolarmente significativi, al fine di mettere alla prova il soggetto intervistato o interrogato.

Andrea Zinno - De Corporis Voce


Riferimenti bibliografici

  1. Allan Pease e Barbara Pease - “The Definitive Book of Body Language” - 2006
  2. Paul Ekman - Facial Action Coding System - 1978 and 2002
  3. Paul Ekman - “Emotions Revealed” - 2007
  4. Paul Ekman - Telling Lies. Clues to Deceit in the Marketplace, Politics, and Marriage” – 2009
  5. Vincenzo Maria Mastronardi - “Manuale di comunicazione non verbale. Per operatori sociali, penitenziari, criminologici” - 2016
  6. Giulio Perrotta - “Quello che gli altri non ti dicono. Come riconoscere e interpretare i «segni» non verbali del corpo” - 2018