Paura di essere scoperti o di non essere creduti

Volto e corpo, i due canali della comunicazione non verbale: il primo mostra le emozioni; il secondo il modo in cui facciamo fronte a esse, come vi reagiamo (1) (2).

Due canali difficilmente controllabili, che sono quindi specchio di cosa realmente proviamo e di ciò dobbiamo ringraziare il nostro sistema limbico, veloce ed essenziale, che sfugge al controllo del cervello superiore, quel tanto che basta a lasciare quegli indizi così tanto preziosi per chi ha deciso di dedicarsi all’interpretazione del linguaggio non verbale.

Emozioni, quindi, prima di ogni altra cosa. È da loro che parte tutto e sono loro, attraverso il manifestarsi, che ci permettono di corroborare, dubitare o smentire ciò che viene detto a parole, perché in fondo noi parliamo anche con il corpo e ascoltiamo anche con gli occhi.

Se però volto e corpo ci svelano l’insorgenza, a volte fuggevole perché repressa, e la reazione a un’emozione, nulla ci dicono sul perché quell’emozione venga esperita: sappiamo solo che qualcosa è in atto, ma non cosa l’abbia provocato.

Questa finestra aperta sul cosa, ma chiusa sul perché, crea un potenziale rischio interpretativo per la comunicazione non verbale, soprattutto se si decide per la via breve, dove il cosa oscura il perché così tanto da farci dimenticare che l’essenza di quanto comunicato sta proprio lì, nelle ragioni profonde che fanno si che venga detto ciò che è stato detto.

Il rischio non deve essere sottovalutato, soprattutto laddove questa emozione improvvisamente colta sia un singolo momento, una sorta di frattura in ciò che è stato fino a quel momento e che sarà poi, una frattura che potrebbe essere solo una piccola perturbazione e non, al contrario, un segnale di un cambiamento, che possa metterci in guardia sul prosieguo della comunicazione.

Immaginate, ad esempio, che durante con conversazione, fino a quel momento positiva e fruttifera, il nostro interlocutore mostri fugacemente, attraverso la sua mimica facciale, un’emozione di disprezzo, alla quale poi segua una postura che sembri confermare ciò che è stato provato (interruzione del contatto oculare, braccia conserte,  e così via). In questo caso la nostra reazione naturale potrebbe essere quella di chiederci cosa abbiamo detto per provocare questa reazione – in fondo, fino a quel momento, tutto stava andando per il meglio – senza pensare che, forse, il nostro interlocutore ha semplicemente ripensato a un episodio sgradevole, che l’aveva turbato, avvenuto prima del nostro incontro.

Un effetto ancor più negativo e pericoloso, derivante dal basarsi solo sul cosa, ignorando il perché – e qui vengo al titolo del pezzo – si ha quando, per un qualsiasi motivo, il nostro obiettivo sia quello di capire se il nostro interlocutore stia mentendo o meno (interesse che, ovviamente, non è necessariamente confinato agli interrogatori delle forze dell’ordine), dove i rischi di questa superficialità di giudizio sono così tanto ben noti da essere stati classificati come “l’errore di Otello”, termine usato per la prima volta da Paul Ekman in (3) e che denota un errore basato sull’interpretare in modo errato le emozioni provate e manifestate dalla persona della quale vogliamo stabilirà la veridicità delle sue affermazioni.

Questo errore rimanda direttamente alla celeberrima tragedia di William Shakespeare, nella quale Otello, ingannato dal piano di Iago, crede al tradimento della moglie Desdemona con Cassio e, durante il confronto con Desdemona, dove ella nega disperatamente la relazione, interpreta le sue emozioni come evidente manifestazione della paura di essere stata scoperta e non, al contrario, come paura di non essere creduta, paura peraltro rafforzata dal fatto che Otello le ha fatto credere di aver già fatto uccidere Cassio, venendo quindi meno per lei la possibilità che sia proprio Cassio a poter ulteriormente smentire l’esistenza della relazione.

La convinzione di Otello è così forte da fargli rifiutare la possibilità stessa di aver male interpretato ciò che Desdemona gli stava dicendo – o meglio, di come lo stava dicendo – cosa che lo porterà, come ben noto, a ucciderla, accorgendosi solo dopo, quando oramai è tardi, dell’errore commesso.

Il problema, purtroppo, non è di facile soluzione, dato che accedere al perché di un’emozione vuol dire accedere alla parte più privata del nostro io, una parte sia conscia che inconscia, così difficilmente indagabile e non a caso indagini in tal senso sono generalmente parte delle attività di psicologi e psicoterapeuti.

Però, visto che qualcosa dobbiamo pur provare a fare, l’unico suggerimento è quello di non fermarsi al primo segnale, ma provare a indagare, compatibilmente con quanto il contesto lo renda possibile, ad esempio provando a riformulare ciò che si è appena detto e che apparentemente ha dato luogo all’emozione, in modo da provare, per così dire, a validarla, a verificare che questa sia stata provata come parte del discorso e non sia, piuttosto, una sorta di interruzione emotiva rispetto a esso.

Un’altra possibilità è quella di passare esplicitamente il controllo al nostro interlocutore, facendogli una domanda il cui unico scopo sia quello di verificare se, nella risposta a essa, sia riscontrabile una conferma dell’emozione manifestata; molte volte, infatti, accade che la domanda abbia il potere di riportare tra noi l’interlocutore, facendogli abbandonare il pensiero fugace che gli ha causato l’emozione.

In conclusione, la strategia è sempre la stessa: cercare conferme o smentite a qualcosa che si è osservato, soprattutto quando questo qualcosa abbia un peso significativo, nel bene o nel male, su quanto si sta dicendo e sugli obiettivi che, in base a tale dire, si spera di raggiungere. Alla fine, è sempre l’annosa battaglia tra l’apparire e l’essere, dove il primo può essere assunto come specchio del secondo solo dopo attenta osservazione e non, al contrario, elevando a prova quello che è stato solo un singolo e flebile segnale.

Andrea Zinno - De Corporis Voce


Riferimenti bibliografici

  1. Allan Pease e Barbara Pease - “The Definitive Book of Body Language” - 2006
  2. Paul Ekman – “Emotions Revealed” – 2007
  3. Paul Ekman - Telling Lies. Clues to Deceit in the Marketplace, Politics, and Marriage” - 2009